Non ce la faccio più, ovvero il burn out.
Aggiornamento: 6 apr 2022
Negli ultimi tempi la frase non ce la faccio più si sente spesso. Può essere il burn out che significa letteralmente bruciati.

Il burn out è una sindrome che colpisce soprattutto i professionisti della relazione d'aiuto (dai medici, agli infermieri, ma anche educatori, insegnanti, vigili del fuoco e counselor) ma che ormai abbraccia tutte le professioni e tutti i ruoli. L’OMS ha riconosciuto un paio di anni fa il buon out come vera e propria sindrome professionale.
Il burn out nel dettaglio
Il burn out è la sindrome patologica conseguente ad una situazione lavorativa molto stressante. Le conseguenze possono essere anche gravi se la persona non riesce a riconoscerne i sintomi e a fermarsi in tempo. Colpisce soprattutto e in particolar modo, l'abbiamo già detto, le professioni che operano all'interno della relazione d'aiuto. Come si manifesta il burn out? Insoddisfazione, fatica e scarso appagamento lavorativo possono diventare difficili da sopportare e gestire soprattutto se sono prolungati nel tempo e la persona reagisce con manovre autodifensive e di evitamento. Facciamo alcuni esempi. Possono comparire diverse tipologie di disturbi:
- a livello fisico il soggetto si sente sempre stanco, "esaurito" e con le pile scariche;
- a livello cognitivo si possono registrare disattenzione, difficoltà a concentrarsi e a fare dei ragionamenti un po' più complessi;
- a livello relazionale si registrano difficoltà a mantenere le relazioni con gli altri.
Insomma una stanchezza che svuota la persona e la rende poco resiliente e in grado di gestire le difficoltà. Tutto sembra enorme: ostacoli, problemi, imprevisti. E le risposte diventano disaffezione, indifferenza, cinismo, inefficacia e a volte assenza.
Non sottovalutare il burn out
Il burn out non deve essere sottovalutato anche se a volte è difficile riconoscerlo: chi non attraversa un periodo di stress e affaticamento? Ma quando questo è presente per lunghi periodi, le risposte che diamo all'interlocutore sono taglienti e l'apatia subentra, è l'ora di guardarsi dentro e, nel caso, fermarsi. I sintomi sopra elencati infatti possono somatizzare e diventare ben più gravi tramutandosi in emicranie croniche, attacchi di panico o addirittura in abuso di sostanze (alcool, farmaci e droghe).
Ma perché il burn out colpisce soprattutto le professioni della relazione d'aiuto? La risposta è abbastanza semplice. Si tratta di persone che quotidianamente sono a contatto con situazioni decisamente critiche: malattie, fragilità, disagi profondi... e così indossano a volte una maschera di durezza e cinismo per poter sopravvivere. Alcuni di voi per esempio, avranno incontrato medici o infermieri che usano toni bruschi, quasi antipatici. Sono arroganti? Non sempre. Vivono quotidianamente condizioni di sofferenza e, probabilmente, è una difesa che adottano per non trovarsi bruciati, spenti come un cerino usato.
Ecco perché è importante prendersi cura di chi cura: personale sanitario, educatori, insegnanti... A questo proposito, E-Skill, con la collaborazione dei docenti e degli studenti della nostra Scuola di Counseling, sta mettendo a punto un "protocollo" formativo e di counseling proprio per questa tipologia di utenti: aprire spazi di ascolto e di sviluppo personale costituisce il giusto antidoto al burn out.
Il Counselor e il burn out
Ma anche il counselor vive i propri momenti di fragilità che, se non gestiti, possono sfociare nella sindrome oggetto di questo articolo. L'obiettivo del counselor è ascoltare e far stare bene il proprio cliente. Anche se si lavora nel qui ed ora, nel momento del colloquio il counselor incontra la sofferenza altrui e ogni volta che pratica l'invio ad altri professionisti deve affidare il proprio cliente, e la sua sofferenza, ad altri. Ecco che possono subentrare una cattiva gestione del distacco, una preoccupazione e turbamenti che fanno male. Per non parlare poi delle risonanze, ossia di tutto ciò che il cliente racconta e che è molto simile a ciò che il counselor ha vissuto o sta vivendo. E' importante quindi non solo prendersi cura dell'altro ma contemporaneamente prendersi cura anche di sé. Impariamo ad usare la stessa comprensione, accettazione e gentilezza che usiamo verso i nostri clienti anche nei confronti di noi stessi. Ed eviteremo il burn out imparando a gestire lo stress.