Perché andare da un counselor?
Aggiornamento: 5 mag 2019
Rispondere a questa domanda non è sempre facile...anzi. Cerchiamo di fare chiarezza con questo breve articolo.

Il counselor questo sconosciuto... o meglio questa figura controversa e a volte osteggiata. Il counselor non è ancora così noto: la sua professione viene spesso confusa con quella dello psicologo e sempre più spesso la domanda che ricorre è "perché devo scegliere un counselor e non uno psicologo o uno psicoterapeuta?".
La domanda è in effetti insidiosa. Ai non addetti ai lavori infatti potrebbe sembrare che ci siano delle sovrapposizioni tra il counselor e lo psicologo anche se in realtà sono due figure molto diverse. Sicuramente, e sarebbe sciocco negarlo, l'ambito dell'azione è lo stesso: il counselor, come lo psicologo, si prende cura del cliente, lo ascolta sospendendo il giudizio e lo accompagna nel suo cammino di crescita e cambiamento. Ma tutto finisce qui.
Quindi...quando e perché scegliere un counselor?
Non tutte le problematiche che ci troviamo ad affrontare necessitano di un percorso lungo e profondo come quello che si fa da uno psicologo. Fermo restando che uno psicologo può fare con il proprio paziente un cammino "superficiale" è anche vero che utilizza tecniche e strumenti diagnostici che il counselor non è autorizzato ad usare e che il suo "progetto" prevede un lavoro molto approfondito che porta, spesse volte, il paziente a confrontarsi con il proprio passato. Tutte cose che il counselor non fa. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di spiegarci con qualche esempio pratico.
Una persona si trova momentaneamente a vivere un periodo di difficoltà dovuto, per esempio, ad un'incertezza sul posto di lavoro. Ci sono riorganizzazioni interne, i primi spostamenti tra il personale e qualche altro cambiamento che manda qualche segnale di allarme. La persona quindi inizia a farsi delle domande sul proprio futuro professionale e sulla permanenza in azienda e magari a fare delle ipotesi per correre ai ripari. Interrogativi come "Cambio lavoro? Inizio a guardarmi intorno? Cosa potrei fare di diverso? Come posso trovare altre alternative?" iniziano a farsi capolino nella testa di questa persona. Ecco, queste sono domande che possono spingere a rivolgersi ad un counselor. Si comprende, come rivolgersi ad uno psicologo -in casi come questo-, possa non essere necessario per quanto interessante.
Un altro esempio in cui l'intervento di un counselor può essere utile, è una momentanea difficoltà in una relazione interpersonale. Può trattarsi di una relazione sentimentale ("ultimamente avverto un po' di stanchezza nel rapporto con mio marito"), di amicizia o lavorativa (come "non vado d'accordo con il mio capo e questo mi penalizza sul lavoro e sulla carriera"). Oppure ancora di un dolore che si deve affrontare (una malattia, un lutto) e si ha bisogno di essere ascoltati o di una decisione che si deve prendere e che ci confonde. Sono tutti momenti passeggeri che la persona riuscirebbe a superare da sola, che non necessitano di un percorso profondo alla ricerca di copioni o schemi relazionali ma che possono essere risolti grazie ad un aiuto esterno professionale. Quante volte ne discutiamo con amici e familiari di queste cose? Moltissime...quasi sempre. E non sono psicologi. La differenza quindi dove sta? Gli amici e i familiari consigliano, giudicano, valutano, ascoltano dando la loro "visione"; il counselor supporta in modo professionale il cliente e lo aiuta a fare chiarezza e a scegliere "ciò che fa bene -e va bene- al cliente" e non ciò che secondo lui è giusto o andrebbe fatto.
E con lo psicologo o con lo psicoterapeuta? Il percorso può essere più lungo e più profondo. Sono assolutamente necessari questi professionisti, per esempio, se una persona che sostiene di avere problemi di coppia, vive in un contesto di violenza fisica e psicologica che danneggia fortemente la sua incolumità e il suo benessere; oppure una persona che ha problemi relazionali ricorrenti (si trova a scegliere sempre la solita tipologia di partner) o problemi di rapporto con il cibo (tipo anoressia o bulimia) o con altri elementi (come il gioco) che possono nascondere dipendenze.
Questi sono solo alcuni esempi che riteniamo utili per marcare un netto confine tra le professioni. Ecco perché un counselor deve essere preparato, ecco perché il nostro percorso è ricco e completo. Vogliamo che i nostri counselor sappiano riconoscere difficoltà da disturbi e patologie, un cliente da un paziente e sappiano lavorare in un contesto di collaborazione e non competizione: al centro c'è la persona e non la nostra professione!